Tuesday, June 10, 2008

Dance dance dance

Moses Pendleton al Joyce Theatre di New York


New York City, città di opportunità, di business e di finanza, città di arte e di architettura, di grattacieli e di graffiti, è anche città di musica e di spettacolo, dei Gospels di Harlem e del RAP del Bronx, del cinema di Woody Allen, delle mille lucine di Broadway e delle sue sorelle minori, Off-Broadway e Off-off-Broadway, del più tipico dei balletti e delle coreografie contemporanee sperimentali.
Giornalmente migliaia di eventi, culturali e non, sono concepiti dal ventre sempre gravido e fecondo di New York City, la quale, da brava madre che si rispetti, premurosa ma anche perfetta educatrice, si preoccupa ogni volta di ricordare, commentare e raccontare ai propri cittadini gli infiniti appuntamenti in programma, grazie all’aiuto di specifiche riviste settimanali o mensili. TimeOut ad esempio, settimanale ideale per soddisfare il lettore più esigente, offre giorno per giorno un’accurata selezione degli eventi più interessanti della settimana, ordinatamente suddivisi per categorie d’interesse (arte, libri, locali, commedie, danza, cinema, bambini, musica, sport, teatro…).
E sebbene le selezioni di TimeOut abbiano difficilmente deluso le mie aspettative, colgo spesso l’occasione di una recensione particolarmente positiva per mettere alla prova e testare il gusto sopraffino di critici ed intenditori, adoperando a tal proposito quello di un palato grossolano come il mio. Sbirciando e curiosando tra gli appuntamenti di danza selezionati dalla rivista, lo scorso 1 giugno 2008, lo spettacolo Lunar Sea interpretato dalla compagnia di danza MOMIX, cui era dedicata attenzione particolare, ha catturato il mio sguardo famelico, portandomi di gran corsa sulla platea del Joyce Theatre di Chelsea.

Se solo avessi ignorato la vera natura dello spettacolo, la percezione fallibile dei miei occhi mi avrebbe lasciato pensare ad un gioco di stile della più sofisticata grafica digitale o ad un’opera di video art, o piuttosto alla proiezione di un intrigato caleidoscopio, nel quale forme bianche, fluorescenti e sottilissime si muovevano, si dilatavano, si ristringevano, apparivano e scomparivano sullo sfondo buio e nerissimo. Dietro quella fallibile apparenza d’immagini digitalizzate e computerizzate, si nascondeva in realtà l’arte, la tecnica, il sudore e la fatica dei 12 incredibili ballerini-illusionisti della compagnia di Danza MOMIX, diretta dal coreografo-illusionista statunitense Moses Pendleton. La selezione musicale poi, dalle creazioni del grande Hans Zimmer, agli esercizi di stile dell’artista Bruce Odland, ai pezzi da lounge bar tratti dall’album “Buddha Experience - Zen Trance”, suggeriva una perfetta atmosfera surreale, ricreando ora l’illusione di un sogno, ora la sensazione di un viaggio extra terrestre.

Lunar Sea, infatti, nuovo fiore all’occhiello di Moses Pendleton, vuole ricreare la fluttuante sensazione di una danza sulla superficie lunare, dove solo la presenza di 1/6 della gravità terrestre, potrebbe giustificare quei salti vertiginosi in slow-motion e quelle impossibili acrobazie mozzafiato.
Lo show è suddiviso in due parti e, sebbene la prima delle due possa apparire vagamente ripetitiva e un pizzico deludente dal punto di vista dell’arrangiamento musicale, il secondo set recupera in gran stile, colmando ed appagando l’aspettativa iniziale.
La tensione e la perfezione estetica rimangono elementi centrali dell’intera performance e, se tre delle diciotto coreografie rappresentate, lasciano facilmente distinguere figure e presenze umane, per il resto è addirittura impossibile individuare l’esatto numero dei ballerini sullo scenario. Si percepiscono i movimenti e le azioni, ma il più delle volte non si riesce a distinguerne la provenienza e le figure sembrano volare, nuotare, allargarsi, dissolversi. L’illusione infatti è l’altro ingrediente fondamentale di questo sofisticato banchetto. L’uso dei costumi disegnati dalla mano artistica di Phoebe Katzin, lo studio di luci ad opera di Joshua Starbuck, l’escamotage dello sfondo nerissimo e la direzione esperta e creativa di Moses Pendleton contribuiscono indubbiamente a creare straordinarie illusioni ed effetti ottici, ora nascondendo singole parti del corpo dei ballerini, ora addirittura celando intere figure ma, senza l’incredibile preparazione fisica dei 12 interpreti e protagonisti, sarebbe davvero difficile immaginare una rappresentazione di tale straordinaria bellezza.

In realtà, la bravura artistica dei ballerini sembra quasi non ricevere adeguato riconoscimento per l’intera prima parte dello show, alcuni di loro sono totalmente invisibili in scena e altri irriconoscibili perché avvolti da capo a piedi in tute super elasticizzate che non lasciano trasparire un solo centimetro di pelle; ma con l’inizio del secondo set la dignità artistica è degnamente ripagata; i volti e le espressioni sono finalmente riconoscibili, i capelli prendono corpo, la pelle e le possenti muscolature sono svelate! La comicità delle ultime coreografie poi, insieme con la personale e libera interpretazione concessa dal gran finale, sembrano addirittura regalare una traccia delle singole personalità, suscitando così un crescendo di esaltazione ed applausi da parte della platea che, a ritmo di musica, intende ringraziare uno spettacolo tutt’altro che comune!

1 comment:

The City said...

Be' intanto complimenti per la fantastica carriere, poi se posso permettervi, vorrei invitarti a fare un giro su www.zenandthecity.com

se ti piace (come a me piace il tuo blog) potremmo linkarci, ciao

The City