Friday, July 25, 2008

New York – Havana, andata e ritorno:

Cuba ieri..ieri e……ancora ieri!


Voglia di evasione e sete di conoscenza mi spingono ad una delle avventure culturali più interessanti mai sognate: New York – Avana, andata e ritorno.
Non appena tornata a NY, mi vien chiesto di scrivere un articolo sulla mia esperienza cubana, ed il cuore mi si riempie di gioia, rivivendo in un nano secondo l’intera settimana che mi ha visto ospite di questa incredibile perla dei Carabi. Politica, cultura, storia, volti, parole, emozioni, si muovono e si alternano sul palcoscenico cubano come protagonisti di una danza di gruppo, dove l’assenza di una sola figura renderebbe impossibile l’intera performance. Solo adesso mi accorgo di quanto possa essere difficile sintetizzare in appena poche righe tanto prezioso materiale. Scriverei per ore ed ore dell’architettura coloniale, degli splendidi palazzi e dei cortili memori di lusso e ricchezza, scriverei delle piazze barocche, degli imponenti monumenti, delle fantastiche vetture d’epoca, dei colori e degli odori, della natura e delle straordinarie sensazioni che hanno inebriato i miei occhi, le mie orecchie e la mia pelle in questa avventura cubana. Ma condizionata da tempo e spazio, mi limiterò a suggerire un’idea di cosa significhi vivere Cuba oggi, così come raccontato a me dallo stesso popolo cubano, unico e reale testimone della sua quotidianità.
Un diario di viaggio, il mio, che ripercorre parole, sguardi, confessioni e curiose domande di alcuni dei personaggi incontrati giornalmente. I miei interlocutori, a volte amici di amici di amici, altre volte personaggi conosciuti per strada o in albergo, su di un taxi o in spiaggia, con i loro spontanei commenti e le loro preziose informazioni, hanno arricchito le mie fallibili percezioni di straniera, offrendomi un’immagine più veritiera della realtà.
La fortuna di conoscere la lingua spagnola, si è rivelata poi una delle chiavi di lettura di questo prezioso e criptico volume che è Cuba ed al tempo stesso mi ha risparmiato la sconveniente etichetta di turista che mi avrebbe precluso un reale contatto con il Paese, o meglio, con la sua gente.


Il primo di tanti fortuiti incontri è avvenuto all’aeroporto di Nassau (Bahamas), uno degli scali obbligati per raggiungere Cuba dagli Stati Uniti. Gli Usa infatti, nemico numero uno del Governo Socialista Cubano, non prevedono alcuna connessione diretta con la perla Caraibica. Nassau in particolare è l’opzione più rapida ed economica se si vuole raggiungere l’Avana da New York. L’interminabile fila per il check-in (stile Sicilia anni ‘50) è stata piacevolmente intrattenuta dall’incontro con Adelfa ed il suo cucciolo di 5 anni, Fidel Ernesto. Adelfa, sociologa e professoressa universitaria, fa parte di quella copiosa parte di cubani non residenti a Cuba. Sia pur appoggiando fedelmente il Governo Cubano e le sue ideologie, così come si evince dal nome scelto per il figliolo, Adelfa ed il marito hanno optato per abbandonare l’Avana e spostarsi alle Bahamas dove, nonostante i limiti di una condizione di immigranti, i due possono ambire ad un degno salario, sogno irrealizzabile sull’isola di Cuba, e soprattutto alla libertà di viaggiare, dove e quando desiderato. Per la prima volta mi soffermo sull’assurda condizione di prigionia cui il popolo cubano è subordinato: i cittadini cubani non possono partire o tornare a Cuba senza un permesso ufficiale, che è del resto il più delle volte negato; chi parte non può tornarvi se non come turista e per un periodo di tempo limitato. Cuba è una roccaforte nel mezzo dell’oceano, inespugnabile, protetta da mura di una politica ed ideologia spesso estreme, appositamente edificate per impedire lo sguardo sul mondo ed il rischioso contatto con il virus del capitalismo.
Adelfa e Fidel Ernesto, passeggeri sul mio stesso aereo, mi riscaldano con il loro calore tipicamente latino. Adelfa poi, dopo avermi rimpinzata di consigli, indicazioni ed informazioni, mi fornisce contatti telefonici di tutta la sua famiglia, invitandomi per giunta a pernottare a casa della sorella, nel bel mezzo di quelle suggestive distese di tabacco della regione di Pinar del Rio. Seppur allettata dall’idea di seguire i due simpaticissimi personaggi, decido di proseguire la mia avventura solitaria, diretta all’Avana, tappa obbligatoria di ogni battesimo cubano.


Arrivata finalmente all’Avana, dopo un interminabile susseguirsi di controlli, attese ed improbabili servizi d’accoglienza, incontro il mio secondo interlocutore: il giovane tassista Miguel. L’enorme zaino da campeggio, il mio abbigliamento da safari e la guida della LonlyPlanet non aiutano a camuffare la mia condizione di turista novella e Miguel mi rivolge poche, brevi e glaciali battute in un inglese di primo soccorso. Rispondo istintivamente nel mio fluente anche se non perfetto spagnolo e Miguel, che fino a quel momento non mi aveva neppure degnato di uno sguardo, dopo avermi bucato le pupille con un’occhiata di stupore, si apre ad un interessantissimo dialogo. Miguel è un ingegnere navale, laureato con il massimo dei voti e, a causa del ridicolo stipendio che il governo cubano predispone per la sua professione, è costretto al lavoro di tassista. A Cuba infatti l’unico settore che permette di guadagnare discretamente è quello turistico. Non solo il turismo rappresenta una delle voci più importanti dell'economia del Paese, ma il contatto quotidiano con i turisti permette un accesso privilegiato al CUC, Peso Cubano Convertibile, la sorella ricca delle due monete ufficialmente in vigore a Cuba, quella destinata appunto ai servizi accessibili agli stranieri. Miguel mi spiega meglio l’assurdo concetto della doppia moneta. Il governo Cubano, fonte unica ed assoluta di reddito del paese, elargisce per il suo popolo stipendi, pensioni, servizi e prodotti di produzione locale in Peso Cubano Nacional; per i turisti e per tutti i servizi a loro accessibili lo Stato prevede invece il Peso Cubano Convertibile (CUC), che ha all’incirca lo stesso valore del dollaro statunitense ed è l’unica moneta di cambio accettata nel paese. Fin qui nulla di eccezionale, ma se consideriamo che $1 vale 24 Pesos Cubanos Nacionales e che lo stipendio medio mensile dei cubani è di circa 480 Pesos Nacionales=$20=€13 (medici, professori…), aggiungendo poi che tutti quei prodotti di importazione, ma pur sempre di prima necessità, come il dentifricio (2CUC), la benzina (CUC 0,90/litro) e l’abbigliamento, sono acquistabili esclusivamente in CUC anche per il popolo cubano, quello stesso che ne guadagna appena 5 in una settimana, ci rendiamo conto dell’assurdità di tale situazione e di quanto una mancia di appena $1, possa essere incredibilmente preziosa a Cuba.


La ricca conversazione con Miguel brucia in un sol soffio quasi un’ora di tragitto dall’aeroporto all’albergo sulla spiaggia di Santa Maria del Mar (20Km ad est dell’Avana) e, appena arrivata in camera, la vista su quello sconfinato oceano ed il caldo colore del sole pronto al riposo notturno mi riempiono completamente, cancellando ogni residuo dello smog, dei rumori e della frenesia della Grande Mela. Dimenticando poi la stanchezza di un viaggio cominciato alle 4 del mattino, corro felice giù per le scale, poi dritta fino all’oceano: la mia avventura cubana è finalmente cominciata! Dopo essere rimasta letteralmente ipnotizzata per alcuni minuti di fronte a quell’orizzonte infinito, mi rendo conto di non essere sola in spiaggia. Alle mie spalle una famigliola autoctona mi da calorosamente il benvenuto. Sono Miriam, Lluis, Derian e Yara e mi invitano ad un brindisi, sugellando in questo modo una nuova, vera amicizia. Miriam e Lluis, sposini novelli, sono ospiti del mio stesso albergo in occasione della loro Luna di Miele, mentre Derian (21) e Yara (18), figli di Miriam, sono solo di passaggio sulla spiaggia dell’hotel. Sin da subito i miei nuovi amici si aprono a confidenze, domande e curiosità, dimostrando grandissima voglia di parlare ed appagando così la mia mente assetata di sapere. Il governo Cubano, mi spiega Lluis, seppur negando ai suoi cittadini ogni libertà di movimento fuori dal paese, offre invece agli sposini novelli il contentino di una Luna di Miele di 5 giorni (all-inclusive) da trascorrere in una delle strutture alberghiere dell’isola. Cercando di celare il mio istintivo stupore, evito domande e commenti forse indiscreti, ma la mia mente si abbandona ai più azzardati pensieri. Sembra quasi che il governo cubano utilizzi la tecnica del “Bastone e Carota” limitando, proibendo, negando e, quasi consapevole del rischio di una irreversibile esplosione a tanto eccesso, tratti di concedere di tanto in tanto un regalino qui ed uno lì. Ed a dire il vero, osservando gli enormi sorrisi di Miriam e Lluis, felici e quasi increduli di vivere il lusso di una vacanza alberghiera che non avrebbero mai potuto permettersi, sembra che la vecchia tecnica funzioni perfettamente. Non va poi dimenticato che fino a pochi mesi fa, prima del 24 febbraio 2008, quando Raul Castro ha succeduto, dopo 49 anni di presidenza, il fratello Fidel, il soggiorno in una struttura alberghiera era altamente proibito a qualunque cubano. Oggi gli hotel sono finalmente legalmente/teoricamente accessibili alla popolazione, sebbene rimangano nella pratica un lusso decisamente off-limit. Quanti possono infatti permettersi di pagare 77 CUC (quasi quattro mesi di stipendio) per una sola notte di lusso e relax? Quanto il nuovo regolamento inciderà nella qualità di vita dei cubani, senza rappresentare invece un incremento della prostituzione?
Queste e tante altre le contraddizioni dei nuovi cambiamenti che il nuovo governo vanta di aver attuato nei suoi primi tre mesi di vita. Oggi i cittadini cubani possono addirittura acquistare telefoni cellulari, lettori DVD, forni a microonde, computer, assolutamente vietati fino a pochi giorni fa, ma quanti saranno in grado di concedersi tali privilegi?
Avvertendo un certo languorino, propongo all’allegra famigliola di continuare la conversazione nel ristorante dell’albergo. A tavola l’insaziabile conversazione non cede neppure per un istante, e questa volta si parla di NY, dell’Europa, dell’Italia. Miriam e Lluis non nascondono il desiderio di conoscere la realtà fuori dalla fortezza di massima sicurezza di cui sono prigionieri, e domandano, chiedono, riflettono…


La mattina seguente mi sveglio prestissimo, impaziente tanto di visitare l’Avana quanto di incontrare Caridad T., rinomata scrittrice cubana con la quale una mia amica newyorchese, scrittrice anche lei, mi ha messo in contatto. Tralasciando in questo contesto i miei entusiastici commenti sull’architettura della “Capital de todos los Cubanos”, che credo comunque essere una delle più grandi meraviglie cui i miei occhi avranno mai accesso, racconterò del mio incontro con Caridad e di quanto questo stesso mi abbia regalato in termini di nozioni ed informazioni.
Valutando inizialmente l’idea di incontrarci nella sede dell’istituto culturale per il quale Caridad lavora, optiamo infine per una più tranquilla cenetta e Caridad, in un atteggiamento che accomuna incredibilmente il popolo latino a quello siciliano, insiste per invitarmi a casa sua. Passeggiando per la suggestiva “Havana Vieja” (centro storico della città) in direzione del “barrio chino” (quartiere cinese) dove Caridad vive insieme al suo compagno Yuri, attraverso ora il quartiere di “Centro Havana”, dove sorge l’ottocentesca Universitdad de la Havana. Le strade sono affollate di giovani e, di tanto in tanto, una delle fantastiche Chevrolet d’Epoca si fa spazio tra la folla. Lluis e Miriam, rispondendo alla mia eccitazione alla vista di quelle fantastiche automobili anni ’50 che colorano le strade di Cuba, mi avevano raccontato che si tratta per il 90% di “taxi en divisa nacional” (Peso Cubano Nacional) accessibili per legge solo ai cubani (targa gialla); i taxi per uso turistico hanno invece la targa blu e prevedono tariffe in CUC. I taxi en divisa Nacional sono uno dei mezzi di trasporto pubblico più comuni a Cuba e, anche se la tariffa di 10/20 Pesos Nacionales li rende abbastanza cari, sono comunque molto popolari. Si tratta di taxi collettivi, che prevedono delle rotte prestabilite (quasi fossero autobus). Provo a fermarne uno, non resistendo al desiderio di viaggiarvi dentro, e sorprendentemente si ferma. Il tassista, un po’ infastidito dalla mia condizione di straniera, mi chiede la mia meta e, avvertendomi di non aprir bocca nel caso la polizia dovesse fermarci, mi porta a casa di Caridad. Il taxi è affollatissimo, siamo in 6, tutti cubani meno la sottoscritta; la musica tipicamente cubana emessa dall’autoradio mi ricorda di essere a Cuba, che meraviglia!!!
La casa di Caridad e di Yuri (lei trentenne, lui trentunenne), non rispecchia le mie aspettative e mi vergogno tra me e me avendo immaginato uno di quegli arredamenti coloratissimi, forse economici ma attenti al dettaglio ed alle mode, tanto comuni tra i giovani nel mondo al quale io sono abituata. Casa di Caridad ricorda invece una casa popolare abitata da una coppia ultrasessantenne, mobili anni ’50 un pò malandati, tappezzerie rattoppate, le mattonelle della cucina e del bagno crepate, in cucina una vecchia caldaia e le condutture dell’acqua a vista, in più l’illuminazione a neon non aiuta di certo a conferire al tutto un apparenza accogliente, ma nel centro della stanza una tavola accuratamente imbandita, cattura la mia attenzione: zuppa di ceci, carne di maiale ai ferri, riso saltato in padella, insalata mista, verdure di stagione, pomodori succosi e un delizioso frullato di mango, nella più tipica tradizione cubana. Gli alimenti basici non scarseggiano a Cuba e per strada la gente non appare certamente malnutrita, mentre sì che mancano quelle magrezze stile “voglio fare la modella” al limite della salute, così comuni nella nostra società dell’immagine e dell’apparenza. Sebbene qui il cibo non manchi, è comunque considerato un dono prezioso e Caridad mi racconta di come sia organizzata la gestione dell’alimentazione a Cuba.
A partire dal 1962, tre anni dopo la Revoluciòn che ha portato Fidel Castro a governare il paese per quasi mezzo secolo, lo Stato ha impiegato una tecnica di razionamento mensile di alimenti basici per ogni cittadino, così da assicurare la base di quella uguaglianza tra i cittadini, teorizzata dal partito comunista. Ogni cubano possiede tutt’oggi una “libreta de racionamento” (libretto delle razioni) con la quale recarsi al mercato e riscuotere la propria razione mensile di alimenti di prima necessità. La razione mensile per persona prevede 8 uova, 2 kg di zucchero bianco, 300 gr di sale, 1 pacchetto di caffé da 100 gr, 500 gr di olio, 100 gr di strutto, 2 kg di riso, 450 gr di legumi (2 tipi a scelta tra ceci, lenticchie e fagioli neri), 200 gr di pollo,1 panino al giorno, 1 ed 1 sapone detergente, mentre invece frutta, verdura e pesce, non facendo parte della razione di diritto, devono essere acquistate separatamente e a proprie spese.
La conversazione con Caridad e Yuri spazia da argomenti letterari a temi politici, da riflessioni storiche a sogni e speranze per il domani. Penso alle chiacchierate con Adelfa, con il tassista Miguel, con i miei amici Lluis e Miriam e mi rendo conto di come nessuno di loro, nonostante l’esplicito desiderio di moderazione nelle misure prese dal Governo, si sia spinto a critiche reali; tutti hanno invece dimostrato una lucida consapevolezza riguardo alle malattie della mia società capitalizzata. Mi chiedo se si tratti di reale consenso al governo o se piuttosto dietro questo atteggiamento si nasconda la paura o l’incapacità di opporsi ad un educatore decisamente autoritario. Caridad mi informa però dell’esistenza di numerose voci di disaccordo, critica ed opposizione al governo in auge.
“Porno para Ricardo” ad esempio, gruppo musicale punk rock di grande successo nazionale ed internazionale, fondato alla fine degli anni ‘90 dai musicisti cubani Ciro Javier Díaz Penedó, Luis David González, Gorki Águila e Oscar Pita, esprime attraverso i testi delle canzoni, l’insoddisfazione di una prigionia forzata, della mancanza di libertà e l’insofferenza di fronte alle insostenibili contraddizioni del governo cubano. Nel settembre del 2003 il leader del gruppo Gorki Águila è stato arrestato dallo Stato e condannato ad una prigionia di semi-isolamento fino al marzo 2005; da allora il gruppo, irreversibilmente sotto censura, continua a suonare ed incidere musica al riparo dall’occhio pubblico, ma sostenuto da un incredibile numero di fans.
Esiste poi “Generacion Y” (www.desdecuba.com/generaciony), un blog online fondato dalla giornalista e filologa Yoani Sánchez e dedicato a tutti quei Yanisleidi, Yoandri, Yusimí, Yuniesk, (generazione Y appunto) che come lei, figli degli anni ‘70 e ‘80, sono cresciuti con le bamboline russe e segnati dalle uscite illegali e dalla frustrazione. L’autrice, grazie al suo occhio inquisitore e alla voce tagliente riguardo alla quotidianità cubana, è stata recentemente premiata con la targa “Ortega e Gasset” in giornalismo digitale e selezionata dalla rivista americana “Time” come una tra i 100 personaggi più influenti del pianeta.
L’intensità degli argomenti trattati e l’entusiasmo nell’affrontarli mi fa perdere ogni cognizione del tempo, è ormai notte fonda! Mi scuso per il tanto parlare e, ringraziando per l’ottima cena culturale, mi dirigo verso l’uscita. Prima di lasciarmi andar via Yuri e Caridad mi donano il più autentico dei souvenir, si tratta delle ultime 6 copie del giornale ufficiale del Partito Comunista “Il Granma” (così chiamato in onore della storica nave “Granma” che portò alcuni combattenti rivoluzionari, tra cui Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara, da Cuba al Messico durante la Rivoluzione Cubana del 1956). Un prezioso documento sulla diffusione dell’informazione sull’isola ed una evidente testimonianza di come ed in che misura i fatti del mondo siano filtrati al popolo cubano. Inoltre, due, tre o quattro volte la settimana, il giornale dedica una sezione speciale alla rubrica “Reflexiones del compañero Fidel”, nella quale l’ex presidente affronta e commenta, in prima persona, importanti argomenti d’attualità. Caridad e Yuri hanno perfettamente colto l’essenza del mio viaggio e il loro regalo gratifica gli affanni della mia ricerca.


Le parole sfuggono alla mia penna, rapide, incontenibili! Avrei ancora tanto da scrivere, tanto da raccontare, tanto su cui riflettere accompagnata dallo scorrere veloce della mia mano sulle pagine di questo diario, ma per il momento credo sia abbastanza; abbastanza per non sovraccaricare il lettore ed abbastanza per incoraggiarlo forse ad intraprendere una simile esperienza nell’isola che vive oggi, forse ancora per poco, nel suo indimenticabile passato.

2 comments:

Blog su blogger di Tescaro said...

Seguendo il racconto e le foto viene voglia di realizzare il sogno caraibico e poi Cuba è una meta irresistibile... Buona serata da Tiziano

Anonymous said...

WOW! Un viaggio fanatstico. Ho avuto la sensazioen di essere lì ed avere i tuoi occhi e vedere realmente le cose che hai visto tu.