Thursday, March 3, 2011

La Mostra: «I do not love Shopping»

Donne sull'orlo di una disperata ricerca di sé



NAPOLI - Sognatrici e disincantate, leggere e raffinate, martiri, sensuali, innocenti, ma soprattutto alla disperata ricerca della propria personalità, sono le donne di Giulia D’Anna, in mostra fino al 31 marzo alla Feltrinelli di Napoli.

CITANDO «SEX AND THE CITY» - Venti storie al femminile che l’illustratrice napoletana di adozione parigina anima con l’inchiostro di china della sua penna, con il vigore cromatico, l’equilibrio e la delicatezza dei suoi collage. Dietro il titolo, «I do not love Shopping», prende così vita una sottile e profondissima riflessione sul significato dello shopping per la donna moderna, accecata dalla promettente aspettativa di riconoscersi dentro alcuni cliché, disposta a tutto pur di farne parte, ma che finisce poi per ritrovarsi profondamente nuda, irrimediabilmente priva di identità. Esplicito è, in questo senso, un riferimento critico a romanzi best seller come «I Love Shopping» di Sophie Kinsella, a serie televisive come «Sex And The City», o successi cinematografici come «Il Diavolo Veste Prada» che, sublimando alcuni semplici gesti quotidiani, come quello di fare la spesa, propongono buste di personalità preconfezionate da indossare al momento opportuno, per donne fotocopia, tutte uguali, impeccabili, esteticamente perfette.

DONNE VERE - Le donne di Giulia sono invece reali. Alcune di loro hanno i fianchi larghi, altre indossano gli occhiali, altre ancora hanno capelli spettinati o visi irregolari. Sono donne normali, diverse le une dalle altre, eppure accomunate dalla ricerca di un cliché al quale appartenere. C’è la donna che ha appena acquistato il suo seno e quella che porta nella busta della spesa un nuovo cervello; la donna che trascina una busta pesantissima colma di aspettative, quella che vola leggera sognando come potrebbe diventare e quella disorientata che vaga nel buio con la busta dello shopping sugli occhi. Se Gustave Flaubert dichiarava “Madame Bovary, c’est moi!”, Giulia D’Anna potrebbe dire lo stesso delle sue creature illustrate: «C’è una parte di me in ognuna di queste donne, altrimenti non sarei riuscita a pensare a loro. Anch’io subisco il fascino dello shopping, però il più delle volte mi fermo all’immaginazione dell’acquisto e trovo appagamento in questo modo. Vado in giro per negozi, provo una borsa, un cappello, vedo una cucina che mi piace; mi informo, la guardo e poi vado via».



I DO NOT LOVE SHOPPING - La mostra segna così un momento professionalmente importante per l’artista napoletana, non soltanto in virtù dell’inaugurazione nella sua Napoli, ma soprattutto perché, con questa esposizione, si concretizza una lunga ricerca artistica che fa del semplice disegno a china, il punto di forza dell’opera: «Per me il disegno è tutto perché è lì che in pochi istanti si materializza l’idea – racconta Giulia – Una stessa idea che poi mi piace declinare in varie forme, sotto vari aspetti – e continua – Professionalmente devo moltissimo a Riccardo Mannelli, che mi ha aiutato nella ricerca dell’illustrazione come forma critica, come atteggiamento disturbante. Inoltre credo di esser stata influenzata particolarmente dal lavoro del fotografo ungherese André Kertész, che ritraeva corpi di donne, deformandoli con l’aiuto di alcuni specchi, e da quello dell’amico regista georgiano Otar Joseliani, apprezzato per la sottilissima ironia dei suoi film».

Pubblicato su corriere.it

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