Thursday, March 3, 2011

Mikele Ferra, il regista palermitano

che realizza progetti in Medio Oriente



PALERMO - «Basta con chi dice che si parte dall’Italia perché lì non funziona niente. Che bisogna andarsene per avere successo. Sono luoghi comuni. La gente si muove perché è nella natura dell’uomo, è un’esigenza antropologica. L’italiano, poi, è un avventuriero; è dappertutto. È una tradizione che va ormai avanti da secoli». Esordisce così Michele Ferraro, in arte Mikele Ferra, regista palermitano. Siciliano. Italiano.

Lui da Palermo è partito 15 anni fa, ma non perché non ci si trovasse bene: «È difficile trovare altri luoghi con una simile qualità di vita. Il clima, il cibo, i mandarini in giardino. Sono andato via perché volevo ritrarre il mondo, prima con la macchina fotografica, poi con la cinepresa. Ma per raccontare qualsiasi cosa devi prima conoscerla; così è cominciato il mio viaggio».

Oggi, a 36 anni, Michele vive tra Berlino, San Francisco e Bangkok, dirigendo Miranfilm, Epoca e The Sleeper Ones, tre società di comunicazione, produzione cinematografica e teatrale, che stanno riscuotendo grande successo internazionale. «Ma non è che vai via e, puff, lavoro e successo ti cascano dal cielo. Per 10 anni, ho dovuto lavorare come buttafuori nelle discoteche di tutto il mondo – Firenze, Bucarest, Buenos Aires, New York, Madrid, Berlino - per guadagnare qualche soldo. E nel frattempo lavoravo in vari progetti, documentari, film. Di notte ho conosciuto la faccia peggiore della società. Ma ho imparato a parlare con la gente, a capirla. Questa è stata la mia vera formazione, altro che scuole di regia». Parlando con Michele, ti rendi presto conto che non sarà facile sintetizzare in poche righe il fiume idee che popolano la sua mente e il suo lavoro.

Più di 20 progetti sono già stati realizzati, e altrettanti sono attualmente in processo di sviluppo. Comune denominatore: l’interesse per il sociale; agire per contribuire al miglioramento della società. «Theatre in the Desert», ad esempio, nasce dall’idea di creare il primo archivio teatrale in Medio Oriente, aprendo due nuovi teatri dove raccogliere storie nelle quali poi la gente potrà riconoscersi. «Il teatro costituisce la base culturale di una società. Così è nata la tragedia greca: ciò che non si poteva dire in piazza, lo si poteva raccontare in teatro. In Europa Goldoni, Shakespeare, Manzoni, Moliere hanno creato in nostro archivio teatrale. Tutto questo in Medio Oriente non è mai esistito. Oggi, nei teatri di Damasco, di Beirut, si mette in scena Shakespeare, Ma non c’entra nulla con la loro cultura». Sebbene Michele abbia cominciato come artista, oggi sostiene di aver esaurito ogni interesse per il puro lato estetico delle cose. «Non faccio più nulla che non abbia un contenuto in senso sociale. Voglio utilizzare la mia energia per costruire villaggi in Africa. Dare cultura a quei popoli. Ormai in Occidente si è fatto tutto, troppo. Noi abbiamo bisogno di tornare a fare i contadini. Ma sì. Chiudiamo tutte le scuole e i teatri d’Europa e andiamo ad aprirli in Africa. Questo è il futuro».

Pubblicato su corriere.it

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