
Una ragazza elegante, delicata, quasi eterea, luminosa nella sua camicetta di seta bianca, si muove, in punta dei piedi, tra le tele, le sue, esposte negli spazi del Castello Arabo Normanno di Salemi. E’ l’arista Flavia Mantovan, pittrice romana, che da due anni vive e lavora a New York e che ha colto, senza indugio, la sfida del provocatorio e mai banale sindaco di Salemi, Vittorio Sgarbi. L’audace idea era quella della fondazione di un Museo della Mafia da realizzare a Salemi, e che si è poi concretizzata, lo scorso 23 maggio 2009, e non a caso, a 17 anni dall’omicidio del giudice Falcone. La mostra “Facce di Mafiosi” della Mantovan è il primo passo verso quello che è concepito come un museo della memoria e che, in questo senso, della Mafia, vuole auspicarne la morte.
“Facce di mafiosi è giornalismo, cinema, denuncia” scrive Vittorio Sgarbi sul catalogo della mostra “Il potere mafioso che vive nascosto trova volto e viene esibito, senza paura, senza ipocrisia”. Luciano Liggio, Giovanni Brusca, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro, Stefano Bontade, Tommaso Buscetta, Michele Greco, Vito Genovese, Al Capone, Tano e Vito Badalamenti, Alberto Anastasia, Ignazio Salvo, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, Michele Sindona e Totò Riina, o meglio, le loro “Facce di Mafiosi” nella mostra e nella memoria.
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