
Nomadi siciliani trapiantati in una sempre più filoterun Milano, è tempo di dimenticare parmigiane di melanzane e teglie di pasta “col forno” da asporto o spedite su da mammuzza; niente più cannoli e cassate da portare a boss e colleghi al rientro dalle vacanze, col timore che la ricotta vada a male e che la croccante armatura dei cannoli possa infrangersi. Da oggi, per sopportare quel mal di Sicilia che colpisce nuovi e vecchi colonizzatori milanesi, basterà fare un salto in via San Paolo, alle spalle della madunina di piazza Duomo, perché un paradiso di profumi e sapori siciliani possa travolgervi senza scampo. La Focacceria San Francesco, il più antico fast food della Sicilia, fondato a Palermo nel 1830, e approdata 6 mesi or sono in quel Princi di Brera, a Milano, con un angolo di specialità palermitane, adesso si rimette in discussione, aprendo un nuovo punto vendita del tutto indipendente, ed è già successo.
Alla serata di inaugurazione, domenica 15 novembre, c’erano tutti i palemmitani e siculi milanesizzati, e poi c’erano polentun, romani, calabresi, pugliesi, e ancora coreani, francesi, tedeschi e chi più ne ha più ne metta. Tutti alle prese con pane e panelle, crocchè e sfincionelli, panu ca’ meusa (pane con la milza) schietti e maritati (con o senza ricotta), arancine di carne o di burro, e poi ancora cannoli di ricotta e cassata, e dell’ottimo vino siciliano, selezionato tra le 7 più prestigiose cantine dell’isola: da Tasca D’Amerita a Planeta, da Duca di Salaparuta a Donnafugata, e poi Firriato, Milazzo e Benanti.

C’era chi conosceva già quei peccati deliziosi, chi li sognava da tempo, e chi era arrivato per semplice curiosità, scoprendo con grande meraviglia la farina di ceci delle panelle, la cipolla dello sfincione, e il caciocavallo del panino con la milza. «L’apertura della nuova Focacceria San Francesco intende essere un riferimento per siciliani a Milano - racconta Fabio Conticello, titolare, insieme al fratello Vincenzo, della Focacceria San Francesco - Ma non solo. Nel 2010 ci spingeremo fino a New York, portando con noi non soltanto la gastronomia, ma la cultura siciliana e italiana in generale. Organizzeremo eventi, presentazioni di libri, cena-forum per far risuscitare il carattere conviviale del cibo». E agli scettici sulla possibile convivenza tra espansione internazionale, conservazione della tradizione e cura del dettaglio, Conticello risponde che «il segreto per ottenere la persistenza dell’alta qualità è partire da un modello molto forte, tanto da potere essere replicato in altri luoghi del mondo, mantenendo però le stesse caratteristiche qualitative dell’originale».
Meno marcatamente tradizionale del contenuto di delizie e sapori, è invece il contenitore che ospita, a via San Paolo, la sfida dei fratelli Conticello. Gli arredamenti moderni e forse un po’ freddi, lamentati dai clienti più conservatori, sono prontamente difesi dal direttore: «La sede di storica di Palermo è irripetibile. Se avessimo tentato di riprodurla avremmo solo rischiato di farne una brutta copia. Abbiamo invece seguito l’idea di un filo conduttore che potesse essere riapplicabile in tutto il mondo: dal marmo di Carrara dei tavolini, in linea con il marmo dei pavimenti della Focacceria di Palermo, al ferro battuto del bancone, tutto in uno stile neutro replicabile anche altrove ». Diametralmente opposto invece il tema delle materie prime e del personale. L’autenticità siciliana è sinonimo di garanzia e inoltre crea indotto e sviluppo. I formaggi, la ricotta, la frutta candita, la pasta di mandorla e la base dei gelati arrivano tutti direttamente da aziende siciliane, così come il personale. Tutto rigorosamente siculo. E il menù? «Si mangerà come a Palermo, quindi pasta con le sarde, tonno al ragù, involtini di melanzane e di spada, sarde a beccafico, anelletti al forno, trancio di tonno alla griglia, la caponata di melanzane» e chi più ne ha più ne metta. Cara Madunina, la Sicilia è servita!

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