Friday, February 5, 2010

Sgarbi, l’altro


Solo, davanti a un pubblico quieto e interessato, curioso di vedere l’insolito Sgarbi nei panni del solito, o il medesimo Sgarbi nelle vesti dell’altro, insomma “Sgarbi, l’altro” in scena fino a questa sera (fino al 15 novembre) al Teatro Ciak di Milano.
Il sindaco di Salemi, Vittorio Sgarbi, lo studioso Vittorio Sgarbi, il letterato, il critico, il politico, il televisivo, Vittorio Sgarbi l’opinionista, il collezionista, l’oratore, il narciso, l’uomo, si sono fatti, per oltre due ore, uno soltanto. Mancava il polemico, mancava l’iroso, mancava l’urlatore, mancava il seduttore. Meglio così. Ci ha dato modo di apprezzare quella sua voce, così limpida e profonda, come un vero attore di teatro. Lui sulla scena vuota, altro perché privo di quegli altri che lo fanno notoriamente irritare, felice di poter essere se stesso.
Entra sulla scena, in abito clericale, si posiziona davanti a un leggio e interpreta, con voce modulare, ora mite e sommessa, ora aspra e imputante, le parole dell’ebreo Yossl Rakover, nella sua lettera al Dio di Israele, sorde tra gli spari del ghetto di Varsavia, violente e toccanti nel silenzio della sala (Yossl Rakover si rivolge a Dio, di Zvi Kolitz). Legge per oltre 20 minuti, e il pubblico non batte ciglio, ascolta. Sgarbi esce dalla scena. E quando rientra, vestito alla Sgarbi stavolta, lo spettacolo ha inizio. Parla di storia e di attualità, di letteratura e arte, di poesia, di musica. E raccorda, con un’arte che gli è particolarmente congeniale, epoche distanti e argomenti apparentemente differenti per spiegare la realtà in cui viviamo. Dal crollo delle torri gemelle a quello della chiesa di San Francesco ad Assisi, dalle brutali demolizioni di testimoni della storia da parte dell’urbanistica odierna, al potere comunicativo della censura. Il riferimento alla Sicilia, poi, è costante. Dall’orrore delle pale eoliche a quella Unità d’Italia che non è solo politica, geografica o garibaldina, ma che ha origine nella lingua di Ciullo d’Alcamo, nella pittura di Antonello da Messina. E’ la testa dello Sgarbi più affascinante a parlare sul palco. La sua è una riflessione fatta ad alta voce. E per chiarire e fissare il suo pensiero, Vittorio Sgarbi, il maestro, fa continuo riferimento a testi e opere d’arte esemplari, e legge quei testi, proietta quelle immagini, e il suo discorso si distende senza far piega, pulito, lineare. L’altro Sgarbi non ha bisogno di sbraitare per dare ragione alle sue parole, non ha bisogno di fare il seduttore per avere tutti gli occhi puntati su di se. E tralasciando qualche riferimento politico, al quale non ha potuto resistere, l’altro Sgarbi, il vero Sgarbi, è decisamente quello vincente.

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