Deborah Young si raccontaNella cittadina sicula di Taormina, lungo vicoli intrecciati e salite nascoste, chiese preziose e piazze che sembrano dipinte a mano, tra granite di mandorla e caffé, limone e gelsi neri, ceramiche e boutique di alta moda, si è appena concluso il più atteso appuntamento cinematografico dell’estate, il Taormina Film Fest, giunto quest’anno alla sua 56ª edizione. Dall’alba al tramonto, il Palazzo dei Congressi dell’antica Tauromenion ha intrattenuto cinefili e giornalisti da ogni parte del mondo, con lezioni di cinema, dibattiti, proiezioni di film e ospiti di prestigio. All’imbrunire, poi, il Teatro Antico, affacciato sul mare e sul maestoso Etna, ha premiato alcune tra le personalità più influenti del panorama cinematografico nazionale e internazionale e, indossando gli abiti di cinema a cielo aperto tra i più suggestivi al mondo, ha offerto al grande pubblico una discreta selezione di film in anteprima mondiale. Ad arricchire la kermesse non sono mancate neppure polemiche istituzionali, intoppi diplomatici e piccole rivoluzioni del palinsesto, ma la macchina organizzativa, fatta di giovani dalle inesauribili risorse, è andata avanti senza palesi interruzioni. L’energia umana ha avuto la meglio contro una burocrazia macchinosa e a volte poco intelligente.
Ma la vera paladina di questa 8 giorni di pane e cinema per palati esigenti è una donna gentile e sorridente, anche nei momenti di maggiore tensione, un critico cinematografico di origini statunitensi che vive in Italia da oltre 30 anni e ancora oggi ne è perdutamente innamorata. E’ Deborah Young, direttore delle ultime quattro edizioni del Taormina Film Fest. E, tra un pranzo con Robert De Niro e una conferenza stampa accanto a Emir Kusturica, siamo riusciti a incontrarla facendoci raccontare di se e della sua Taormina.
Dopo mesi di lavoro e di programmazione, il 56° Film Festival di Taormina ha finalmente preso corpo. Lei che ne ha curato ogni minimo aspetto, può dirsi soddisfatta del risultato? Un Festival è sempre una sorpresa, fino all’ultimo momento non si sa quello che succederà. Decide il destino. C’è chi promette di venire e poi disdice, oppure può esserci qualche conferma inaspettata dell’ultimo minuto, possono verificarsi dei problemi con alcune proiezioni e infiniti contrattempi. Ma nonostante questo, il 56° Festival è stato una favola, un vero sogno. Abbiamo ospitato un entusiasta Robert De Niro dopo due anni di trattative; Colin Firth è riuscito a trovare un giorno tra mille impegni per poterci raggiungere; Emir Kusturica è rimasto tutta la settimana. E poi Dario Argento, Jafar Panahi, Isabel Coixet, Francesco Alliata, Maria Grazia Cucinotto, Cristiana Capotondi, Francesco Scianna, Ambra Angiolini, Nicoletta Romanoff, Margaret Madè, Diane Fleri, Giorgio Pasotti, Ficarra e Picone, e ancora lo stilista Valentino Garavani per il premio Città di Taormina, Totò Schillaci per il premio Cinema e Sport. Non posso dire che il 56° Festival sia stato esattamente come lo avevo immaginato, è stato meglio!
Il Festival in quanto tale rappresenta un momento di incontro e confronto tra produttori, registi e attori, cosa difficile da ripetere durante il resto dell’anno. E’ come se questo tipo di connessioni, specialmente in Italia, fossero atrofizzate e spesso possibili solo attraverso scorciatoie e raccomandazioni. Perché?Credo che oggi tutti i mestieri vivano un po’ la stessa situazione. Mi chiedo se nel mondo della moda non avvenga lo stesso. Adesso però mi viene in mente Totò Schillaci, con cui ho appena parlato, e forse almeno nel mondo dello sport il talento e la capacità fisica di un atleta è ciò che conta veramente. Però ho notato che anche qui in Italia tutti quei giovani che hanno davvero voglia di sfondare e che lavorano duro per raggiungere i propri obiettivi, alla fine poi ci riescono. Credo dipenda da ogni singolo individuo. Questo dimostra che sforzo e costanza sono le chiavi del successo, non le raccomandazioni.
Ogni edizione del Taormina Film Festival prevede un ospite d’eccezione. Quest’anno è stata invitata la Spagna. E’ stata una scelta mirata? Negli ultimi quattro anni, da quando sono direttore artistico di questo Festival, abbiamo deciso di fare di Taormina il centro della cultura del Mediterraneo. Ogni anno un paese del Mediterraneo viene scelto come ospite d’onore, in modo da poterne sottolineare le novità cinematografiche. Negli anni passati abbiamo celebrato l’Egitto, la Turchia e la Francia. Quest’anno la Spagna si presentava con molti film particolarmente interessanti, nuovi e moderni, che dimostrano come un paese che per altri versi somiglia moltissimo all’Italia, possa essere capace di generare una produzione incredibilmente contemporanea. Per questo abbiamo chiesto al critico cinematografico Nuria Vidal di fare la selezione dei film spagnoli ed è stato un grande successo.
Anche il Brasile è presente con moltissimi film, possiamo dire che sia un secondo ospite d’onore? In effetti il Brasile, senza formalizzarsi, è diventato per così dire il nostro fidanzato. E’ il secondo anno che la Camera di Commercio Italo-Brasiliana porta a Taormina il meglio del cinema brasiliano, ma la selezione di quest’anno è stata decisamente superiore a quella dell’anno scorso, quando avevamo dovuto dividere i titoli con il Festival di Roma. Quest’anno invece abbiamo potuto selezionare la Creme de la Creme del Brasile, e non soltanto per quello che riguarda la sua produzione cinematografica. Quest’anno infatti abbiamo anche goduto di un ospite eccezionale come Adriana Calcanhotto, tra i massimi esponenti della Bossa Nova, che il 17 giugno ha affascinato il pubblico del Teatro Antico con uno grande concerto.
Lei che è nata negli Stati Uniti, patria del cinema hollywoodiano, come mai ha scelto di vivere in Italia? E cosa l’ha portata in Sicilia?Penso sia stato il destino a portarmi in Italia. Sono stata sempre molto affascinata dall’Italia e dalla sua produzione cinematografica del secondo dopoguerra. Sono arrivata in Italia dopo la mia laurea per stare un anno soltanto, ma poi ho avuto l’opportunità di scrivere qui la Tesi e di trovare lavoro presso Variety. Così sono diventata critico cinematografico, scoprendo poi il mondo dei Festival. Ho lavorato al Festival di Venezia con Felice Laudadio ed è stato proprio lui a portarmi a Taormina. E’ stato un passaggio del tutto naturale. Oggi posso ritenermi davvero molto fortunata. Adoro la Sicilia e non c’è nulla che mi faccia più felice che lavorare qui.
Sebbene Taormina non rappresenti esattamente l’esempio più verace della Sicilia…
Personalmente credo che Taormina sia il centro della Sicilia, e non un posto esclusivamente per turisti come dicono in molti. La vedo più come una sorta di porta per dare il benvenuto agli stranieri e permettergli di conoscere e apprezzare la cultura siciliana. Soprattutto durante il Taormina Film Fest. Da qui molti dei nostri ospiti partono per visitare il resto dell’isola e mi capita spesso di consigliare loro luoghi sperduti che adoro. Credo questo sia un ottimo modo per rendere accessibile una delle regioni più affascinanti d’Italia.
Tornando al Cinema, come vede lei il Cinema italiano contemporaneo?Il Cinema italiano è sempre stato la mia passione. Sono specializzata in Cinema Italiano e la mia Tesi di Laurea trattava proprio il cinema politico italiano degli anni ’70 e ’80. Posso dire però che negli ultimi anni lo trovo piuttosto deludente. E non mi riferisco a esempi clamorosi come Gomorra o Il Divo che sono bellissimi film, ma all’industria cinematografica in se stessa, che ritengo molto addomesticata, televisiva e molto meno graffiante del cinema spagnolo ad esempio, al quale somiglia. Mi piacerebbe che i registi italiani più incisivi avessero maggiori possibilità di girare film. Almeno un film all’anno e non uno ogni tre o quattro anni.
Qual è dunque il problema della cultura italiana. Perché non riusciamo a essere innovativi e competitivi come altri vicini di casa?Credo che gli italiani siano un popolo molto creativo. Il problema qui è legato al sistema industriale cinematografico. Il Cinema è un settore carissimo e realizzare un lungometraggio costa davvero tanto. In Italia il sistema produttivo è decisamente viziato e legato in maniera smisurata a una televisione che non vuole film moralmente inaccettabili. In altri paesi c’è maggiore libertà di espressione. Non perché in Italia ci sia la censura, ma qui si manifesta un fenomeno molto peggiore, che è l’autocensura produttiva ed economica. E’ questo il vero problema.